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La nuova live communication. La ricetta di YAM112003
Un mondo stravolto in un tempo inaudito. È dietro questa definizione di Adweek che si può leggere anche il marketing contemporaneo di questo 2020. Pagine bianche da riempire nuovamente di senso nella costruzione di una nuova relazione tra clienti – e sempre più spesso utenti connessi – e brand. Una rivoluzione copernicana che si coglie dai segnali del lockdown prima e della ripartenza dopo per un mondo che difficilmente tornerà come prima. A metterlo nero su bianco è stato il MIT Technology Review, in un pezzo firmato dal suo direttore Gordon Lichfield e che è diventato virale nel giro di pochi giorni sui social e online. Eloquente il titolo: “Nulla tornerà come prima”. «Per fermare il coronavirus dovremo cambiare radicalmente quasi tutto quello che facciamo: come lavoriamo, come ci alleniamo, come socializziamo, come facciamo shopping, come gestiamo la nostra salute, come educhiamo i nostri figli, come ci prendiamo cura dei nostri familiari», ha scritto Lichfield.
Ma quell’incertezza iniziale e quello spaesamento stanno lasciando oggi necessariamente il posto alla ricerca di nuove modalità di interazione. Di necessità virtù. Se c’è un ambito nel quale si può cogliere più che altrove questa sperimentazione è in quella filiera stravolta della live communication e più in generale di quel marketing che negli ultimi anni ha provato a modularsi in dinamiche ibride, sempre però inevitabilmente incentrate su una relazione diretta con i target coinvolti. Un paradosso, si potrebbe pensare. Perché negli ultimi anni nonostante la moltiplicazione degli schermi – da quelli miniaturizzati degli smartphone con i flussi senza fine e senza tempo di TikTok ai maxischermi casalinghi o cinematografici – si sono continuati a ricercare formati live, quasi come per colmare un bisogno di empatia, vicinanza, autenticità. Quindi ora che fare? Difficile fornire risposte esaustive perché di questo puzzle così complesso spesso ci mancano i pezzi. Come aveva scritto sul Corriere della Sera lo scrittore Paolo Giordano, anche nella scatola del puzzle manca la figura intera.
«Non esistono e credo non esisteranno mai strumenti virtuali o ibridi capaci di essere davvero alternativi all’esperienza live. D'altronde il digitale non è il reale che conosciamo, bensì una stupefacente rappresentazione di esso. Quello che facciamo quando mettiamo in scena un evento digitale è raccontare una storia attraverso un filtro», afferma Luca Rivolta, Associate Creative Director di YAM112003. Si lavora così a nuove strategie creative da schierare su un campo da gioco oggi molto più competitivo e con alternative virtuali o ibride che diventano la sola via praticabile.
«Alcuni vedono ancora in un monitor o nello schermo di uno smartphone una barriera. A ben pensare il digitale, in ogni ambito della nostra vita, ha saputo abbattere ogni barriera: distanze, differenze linguistiche, confini nazionali, perfino le valute. Ma soprattutto il digitale ha saputo connetterci sempre di più gli uni con gli altri. Ha aumentato esponenzialmente le platee e allo stesso tempo ha creato micro-comunità capaci di ritrovarsi a chilometri di distanza in passioni condivise. Connettere persone resta d’altronde l'obiettivo principale di ogni evento», precisa Rivolta, che nel raccontare la trasformazione di questo comparto cita il fattore tempo come la variabile determinante. «Abbiamo dovuto affrontare nuovi modi di comunicare per rispondere velocemente a nuove esigenze da parte di clienti e consumatori. Credo che noi di YAM112003, che da sempre ci occupiamo dell'ideazione e produzione di contenuti, siamo stati pronti a rispondere a questa evenienza. Evenire in latino vuol dire accadere, riuscire. Mi piace pensare che fare un buon evento oggi sia un buon modo di far accadere le cose e riuscire a superare questo periodo complicato. A livello di esperienza è una rivoluzione, un po’ come quando si è passati dalla rappresentazione teatrale al linguaggio cinematografico. Oggi non facciamo altro che pensare a tempi più brevi, al ritmo e all'importanza del montaggio cinematografico. D’altronde non possiamo prendere la scaletta dello stesso evento dell'anno scorso e percorrerla cercando di trovare delle alternative», dice Rivolta.
Reinventare la filiera degli eventi, sapendo che tutto è stravolto. «Viviamo in un forte momento di incertezza. Forse per la prima volta nell'era contemporanea un intero settore produttivo è stato costretto ad affrontare un cambio paradigmatico da un giorno all'altro. L'intera filiera è improvvisamente saltata, vedendo una spaccatura tra chi si è temporaneamente arreso e chi ha raccolto una nuova sfida. In questo scenario il digitale si è trasformato da strumento complementare a campo da gioco principale. La sperimentazione di nuovi strumenti e linguaggi è diventata inevitabile e da un giorno all'altro unica soluzione, con la necessità di attivare competenze diverse, dove coloro che prima erano al servizio degli eventi sono diventati protagonisti e figure centrali, entrando come snodi chiave della filiera», sostiene Stefano Rocco, Strategic Services Director YAM112003.
Una vera mutazione genetica del DNA degli eventi live che ha cercato (e sta cercando) di sopperire all'impossibilità di basarsi sul suo punto fermo: la presenza fisica di un gruppo di persone più nutrito possibile. «Considerando che gli elementi caratterizzanti di un evento potrebbero sintetizzarsi in fruizione, sensorialità, fisicità, co-creazione, rewarding, condivisione e interattività la sfida è trovare il modo di sviluppare questi elementi in uno scenario nuovo. E nonostante un progressivo ritorno alla normalità, il distanziamento sociale lascerà un segno profondo nel nostro comportamento, con un ruolo (ancora più) centrale del digitale», precisa Rocco.
Live o non live? Ribaltiamo la situazione
E allora nel ripensare una ripartenza degli eventi torna alla mente la riapertura francese di Disneyland Paris, tra tante misure di protezione, con l’ingresso dei top manager dotati di mascherine, ma senza che i beniamini di casa Disney indossassero lo stesso presidio. Un modo per preservare gli eroi dei più piccoli e di tutti i tempi anche in questo tempo che tenta di scardinare i simboli: non a caso la notissima scultura in bronzo della “Fearless Girl” – quella bambina senza paura posizionata nel quartiere finanziario di Manhattan nell’atto di sfidare lo storico toro di Wall Street – da alcuni mesi indossa una mascherina. Tutti a caccia di protezione, in questa fase di ripartenza che mette in luce anche le nostre incertezze. «Una crisi può essere un’arma a doppio taglio per il marketing. Da una parte fornisce un’infinita fonte di materiale per nuove campagne, dall’altra parte costringe a innovare nella relazione con i consumatori», ha argomentato Forbes, evidenziando la necessità di un equilibrio tra messaggi trasparenti e creativi. Questo è il nuovo “protection storytelling”, una narrazione legata alla sicurezza e con relazioni anche digitalizzate per un consumatore disorientato
Ma come si riscriverà nei prossimi mesi, se non addirittura anni, l'esperienza di acquisto? In YAM112003 si è fatto fronte rapidamente alla crisi degli eventi puntando su nuovi formati. «Il vantaggio di YAM112003 nell'avere tre anime così complementari – creative agency, production company e event agency – ci fa essere un punto di riferimento forte e affidabile. I primi che si sono rivolti a noi sono i nostri clienti più importanti. Uno degli esempi più efficaci della forza di un evento digitale è stato “Turning the Tables” di FineDiningLovers per S.Pellegrino e Acqua Panna», ricorda Rivolta. Un progetto nato dal magazine digitale che da quasi dieci anni YAM112003 cura nella versione internazionale (www.finedininglovers.com) e in quelle locali (Italia, Francia, e a breve Spagna).
Media autorevole e riconosciuto sia dalla Expert Community sia dai Foodies di tutto il mondo, fin dall’inizio della pandemia, è stato al fianco degli chef per cercare di capire come ripartire, svolgendo un importante ruolo culturale e sociale. Da lì l’idea del forum di chef e ospiti da tutto il mondo – tra questi Massimo Bottura, Grant Achatz e molti altri – che sono intervenuti in un live streaming per discutere del futuro della ristorazione mondiale. «Quella che abbiamo continuato a realizzare è una piattaforma autorevole di incontro con un pubblico molto profilato. Il lockdown ha colpito in maniera drammatica tutta la ristorazione, così al momento iniziale estremamente buio e disorientante abbiamo provato a declinare un’altra narrazione. D’altronde il nostro posizionamento era da sempre legato al mangiare fuori: nel momento in cui questo argomento di conversazione è andato a cadere abbiamo dovuto reinventarci per essere nuovamente rilevanti», afferma Nadir Catalano, Head of Content Fine Dining Lovers. Da lì la necessità di spostare il focus dalla tragedia immane – sanitaria ed economica – alle possibili soluzioni per la ripartenza. «Abbiamo dovuto rimboccarci le maniche per inventarci nuove modalità di relazione e narrazione, provando a svoltare il racconto. E penso che ce l’abbiamo fatta», precisa Catalano.
Reinventarsi, declinando lo storytelling dalla tragedia all’opportunità. Spostando anche l’identità del magazine, da prodotto patinato e stereotipato a spazio culturale e giornalistico. L'evento ha coinvolto diversi canali digitali: sito web, Facebook, Youtube, Instagram, Twitter, generando una campagna di comunicazione prima, durante e dopo l'evento con diversi materiali di approfondimento e survey internazionali che hanno coinvolto i professionisti della ristorazione e i foodies. «È l'esempio di come un evento digitale, seppure semplice nella forma, sia potuto diventare un momento di comunicazione valoriale fortissimo per un brand. In un momento difficile come quello che abbiamo vissuto riuscire a far sedere intorno ad una tavola virtuale le eccellenze più influenti dell’alta gastronomia mondiale e del food per discutere di soluzioni concrete ai problemi è stata una cosa che non saremmo mai riusciti a fare con un evento live. E la risposta del pubblico dell’industria e dei foodie è stata fortissima», racconta Rivolta. Dello stesso avviso è Stefano Rocco: «Se da un lato YAM112003 ha progressivamente esteso negli anni la sua competenza e i sui investimenti nel mondo degli eventi, questo scenario inaspettato ha improvvisamente avvicinato ancora di più il mondo degli eventi al suo DNA», precisa Rocco.
Idee per ripartire: la nuova narrazione
Così la ricetta resta una: ripartire insieme al cliente dal bisogno primario della comunicazione e costruire un nuovo storytelling, in una logica di gioco di squadra. «La buona riuscita dipende dalla qualità del racconto che siamo capaci di scrivere, a quattro mani con i nostri clienti e partner, e che sveliamo al pubblico attraverso un contenuto distribuito e “attivato” sul digitale. E questo contenuto peraltro può essere potenzialmente condiviso con una platea molto più ampia di prima», dice Rivolta.
Ricette che col passare del tempo si concretizzano in una complessità impensabile fino a poco tempo fa. «Le richieste dei brand inizialmente sono state di tradurre in digitale dei format di evento consolidati e basati su concept pensati nel vecchio scenario. Salvo rare eccezioni, questo si è spesso tradotto in un live streaming evoluto. Con il protrarsi della situazione e con il cambiamento nei comportamenti dei consumatori, sta nascendo l'esigenza di pensare concept nativi per il nuovo scenario, in grado di ridefinire i concetti di spettatore e partecipazione, nonché il loro impatto effettivo sul business. La forza del racconto e la capacità di sprigionare emozioni credo siano le leve principali per creare un legame forte con le nostre nuove audience. Di fatto generiamo engagement attraverso una strategia multicanale nella quale gli eventi digitali sono, finalmente, pienamente integrati. La sfida oggi è di creare eventi che si basino su ecosistemi integrati fatti di interazioni tra linguaggi e contesti diversi. Questa crisi, per quanto tremenda, può essere un'opportunità di trovare nuove modalità di arricchimento dell'esperienza live standard, con possibilità di coinvolgere anche una audience maggiore», afferma Rocco.
Per far questo occorre allargare lo spettro delle proprie competenze. «Non so se nascerà mai la figura del Digital Event Manager, ma di sicuro gli eventi sono diventati un terreno di competizione più allargato, dove l'ingresso da protagonisti è oggi consentito anche ad agenzie che non facevano degli eventi il loro core business», conclude Rocco. Un mondo nuovo da abitare e soprattutto da sperimentare.
di Giampaolo Colletti